Biography:
Cristina Carusi - Il paese in cui nasce, Torano, è una delle più illustri vicinanze carraresi per tradizioni culturali ed artistiche legate ad una millenaria attività estrattiva.
Lo sovrasta, caratterizzandone il paesaggio, l’aguzza cima di Creatola che, secondo una fama consolidata, Michelangelo aveva ideato di scolpire quale faro per i naviganti.
Incuneato in quello che, dei tre bacini marmiferi, può essere definito sopra le altre “valle dei marmi”, ha fornito materiale pregiato per le opere massimi scultori tra cui il Buonarroti che lo prediligeva.
A Torano sono nati alcuni tra i maggiori statuari carraresi che raggiunsero fama nazionale come Domenico Guidi e Pietro Tenerani.
In una delle sue case, tutte elevate in bianchi sassi e blocchi pesanti, all’ombra dell’oratorio dedicato ai Santi Quattro Coronati, protettori dei marmisti , vede la luce il 15 aprile 1964 Cristina, e tutto intorno a lei parla di arte e cultura del marmo .
La famiglia in cui nasce proviene da Moneta, borgo murato con un possente castello, ormai in decadenza. Fra ricchi possidenti di cave e terreni, poi coinvolti nel disastro economico degli anni ’30 che segnò la fine di molte fortune di magnati del marmo come i Marchetti e i Fabbricotti, i Carusi o, per essere più esatti, i Carusi Cybei sono anche da secoli dediti alla scultura
Non diversamente da altre vere e proprie “dinastie” locali di statuari, i Carusi si tramandano di generazione in generazione le tecniche della lavorazione della bianca pietra di cui conoscono tutti i segreti e si fregiano della presenza tra loro di notevoli artisti. Come Demetrio Carusi, rivale di Tenerani nel concorso per il pensionato a Roma nel 1810 e quindi suo valente collega, in quella città, presso Thorvaldsen .
Il padre di Cristina, Lucio, anch’egli scultore affermato, autore di opere pregevolissime, nel 1966 è chiamato nel Vermont ad illustrare il marmo di quella zona con la sua abilità artistica .
Parte con la famiglia: Cristina, la secondogenita, ha solo due anni. Cambia addirittura continente, ma continua ancora a respirare quella polvere impalpabile di marmo che esce dagli scalpelli e le gradine del Vermont, vive sempre a contatto con artisti e con la materia grezza che dalla loro mano si trasforma in una metamorfosi perpetua.
Quando, dopo anni, tornerà in Italia con i suoi, sceglie di frequentare un corso di studi che le fornisce le basi culturali consoni ai propri interessi: il liceo artistico.
A ventidue anni è pronta a dedicarsi alla vocazione che sente imperiosa dentro di sé: scolpire e ancora scolpire. Soprattutto il marmo della sua città natale, statuario, calacatta , cipollino, bardiglio ma anche la tenera pietra leccese, il rosso di Levanto e molto altro….. a secondo dell’ispirazione e della frugalità che vuole raggiungere.
Si impegna accanto al padre e al fratello Roberto - anch’egli scultore - nel laboratorio di famiglia, seguendo, il tipico iter degli statuari carraresi che abbinavano agli studi teorici la pratica della lavorazione personale della materia.
E uno studio importante quello dei Carusi ove alcuni dei migliori artisti del mondo giungono esprimendo la loro creatività e le loro esperienze: un osmosi culturale di cui Cristina è attiva e partecipe.
Cominciano cosi a prendere forma le sue opere che, come è secolare tradizione a Carrara, rivelano tutte una padronanza e una sicurezza considerevoli anche dal punto di vista tecnico.
Nello stesso tempo si assiste ad una ricerca teorica continua e instancabile dell’autrice che sperimenta materiali marmorei diversi e opera diverse scelte tematiche.
La figura femminile è predominante, ma si passa dalle iniziali rivisitazioni delle veneri del paleolitico, madri primigenie dalle forme piene e forti a figure sempre più agili, nuove, talora addirittura aeree che sembrano sprigionarsi dalla materia grezza.
Liscia e levigata l’immagine scultorea si snoda dal marmo scabroso ed irto, rozzo o scalpellato, quasi per librarsi dalla sua scorza o per immergersi ancora in essa. Il pensiero corre ai “prigioni” di Michelangelo che sembrano emergere dal blocco in cui sono costretti .
Seguendo tutta la cultura dotta e popolare del marmo, Cristina, come artista “libera” col suo scalpello libera la viva creatura che è celata nel masso .
Fu così per Michelangelo, per Fontana e per Rodin cui la Carusi dedica “un omaggio”, con un’opera emotivamente sentita.
Se predomina il figurativo modernamente reinterpretato (genesi, metamorfosi, rinascita, voluttà…..) è presente anche l’astrattismo dalle linee purissime e non manca l’approccio metafisico.
Nulla è casuale nell’opera di Cristina, nulla è superfluo.
Alla base delle sue creazione c’è una profonda capacità meditativa, filosofica ed ideativa che, unita all’abilità tecnica innata ed acquisita, le permettono di raggiungere risultati d’eccellenza.
Nell’arte “profana”, come in quella sacra, emergono per particolare suggestione dolcezza ed ingegno teorico come nei volti della “Pietas” de “il mattino che caddero gli angeli” o l’Ecce Homo posto al centro del percorso labirintico spirituale ed esistenziale verso l’elevazione e l’estasi mistica.
Rosa Maria Galleni Pellegrini
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