Biography:

nata a Viterbo nel 1964
Diplomata
all'Accademia di Belle Arti (Pittura) “Lorenzo Da Viterbo” (VT) .
E’ stata allieva di Boille ,Guida ,Mulas ,Vespiniani

was born in Viterbo, in 1964
She obtained a Diploma

in Painting at the Academy of Fine Arts “Lorenzo da Viterbo” (VT). She has been an apprentice of Boille, Guida, Mulas and Vespiniani.

dice di lei Fabrizio Forti


In un’ epoca in cui la pluralita’ di linguaggi , il flusso continuo di messaggi , il trasferimento o meno dell’immaginazione creativa nell’attualità della ricerca rendono eclettica la produzione artistica e animata la discussione critica, mi trovo d’accordo con quanti sostengono che:”… non ci si possa astrarre dal flusso delle immagini che attraversa la nostra vita…è nelle cose”. Credo che la ricerca di Teresa Ragonesi segua proprio questo flusso , abbandonando specificità disciplinari, abbracciando una estetica suggerita dalle cose, ottenendo risultati formali scanditi, asciutti;conseguendo l’essenzialità nella ricchezza di forme, unico vero fulcro dell’arte.
Nessuna perifrasi, nessun sofisma figurativo.
Negli ultimi suoi lavori le forme nascono da una metamorfosi dell’oggetto domestico, attraverso l’antica ricetta in cui” Soltanto l’arte come lavoro creativo potrà compiere il miracolo di riconvertire in bello quello che la società ha pervertito in brutto” o quantomeno ridonando sacralità a ciò che la società moderna deforma e rende alienante.
Senza che ciò crei problemi…L’oggetto non è neppur dato.
Ma esplicitamente occultato, volutamente “impacchettato”:è data la struttura proporzionale dello spazio.
Nulla importa se rimane riconoscibile, l’importante è dare un’anima all’involucro in quanto appunto “lavoro puramente creativo”.
In questo senso l’essenzialità del fare assume un modo di alterità nei confronti di quell’esperienza che oltrepassando i semplici dati formali ha reso possibile rappresentare il non visibile per mezzo del visibile, rivelandone il suo significato recondito.
Ciò che percepiamo nell’osservare un’opera di Ragonesi è l’esatto contrario; è la rappresentazione del visibile per mezzo del non visibile e la sacralità delle sue opere è data proprio da questa sorta di reincarnazione, resa possibile dall’intuito di aver fatto diventare anima ciò che genera la nuova forma, concretizzandola e personificandola in nuovi oggetti che assumono rispetto allo spazio un carattere simbolico e quasi emblematico.


In a time when the plurality of languages, the everlasting flow of messages, the transfer or not of the creative imagination into the present research, make artistic production eclectic and enliven critical debate, I agree with those who mantain that “...you can not withdraw from the flow of images that pass through our life...it is natural”.
I think that the search of Teresa Ragonesi follows this path, leaving disciplinary peculiarity and espousing an aesthetics suggested from things, achieving formal, distinct, pithy results, reaching essentiality in rich forms, the only real fulcrum of art.
No periphrasis, no figurative sophism.
In her last works, forms rise from a metamorphosis of domestic objects, by means of an old recipe that considers art the only creative power able to miraculously reconvert into beauty what society corrupted into ugliness, or at least to make sacred what modern society deforms and alienates without problems. The object is not even revealed. But it is clearly hidden, intentionally “parcelled up”: the proportional structure of space is revealed.
It does not matter if it is recognizable, the most important thing is to give the involucre a soul as it is “a purely creative work”. In this way the essentiality of doing assumes an appearance of alterity in comparison with that experience which going beyond simple formal data has enabled the non-visible to be represented through the visible, revealing its hidden meaning.
What we perceive by observing a work by Ragonesi is the perfect opposite: it is the representation of the visible through the non-visible and the sacredness of her works rises from this kind of reincarnation, made possible by the intuition of creating a soul from what procreates a new form, putting it into effect and personifying it into new objects that assume, compared with space, a symbolical and almost emblematic peculiarity.